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giovedì 4 giugno 2020

Racconto. Nel Legno.


“C’è qualcuno in casa? Sono l’assicuratore” disse Stefani, bussando alla porta in modo energico.
“Apra pure. La stavo aspettando” rispose una voce femminile rauca.
“Con permesso”.
“Si accomodi al tavolo. Arrivo subito”.
L’uomo entrò in punta di piedi e dopo essersi tolto il cappotto si sedette a capotavola.
Ne tastò subito la robustezza. Legno massello. Pregiato e antico. Se n’intendeva.
In molti anni di lavoro a domicilio dei clienti, aveva imparato a individuare le principali caratteristiche di una famiglia in base ai tavoli.
Un gioco sottile e divertente. Anche se talvolta ingannevole.
Dopo una breve attesa, dalla penombra di un lungo e stretto corridoio, spuntò una figura curva ed esile, sulla settantina.
“Ma lei non è il solito assicuratore. Piacere, io sono Margherita” affermò sorpresa la donna, schiarendosi la voce.
“Molto lieto, mi chiamo Stefani” rispose l’uomo, stringendole la mano delicatamente.
“Sono qui per farle firmare il rinnovo della polizza relativa all’assicurazione sui diritti di successione della casa. Sostituisco il mio collega Giacomazzi. Si ricorda?”
“Ricordo molto bene” fece lei, mentre con le mani si aggiustava la coda di capelli sottili e bianchi, simile a una ghirlanda di fiori, che terminava sulla sommità della testa.
“Prima però vorrei offrirle il mio the speciale” sussurrò la donna portandosi una mano alla bocca un poco sdentata.
L’assicuratore avrebbe voluto rifiutare, ma la profondità di quegli occhi azzurri e quello sguardo benevolo gli fecero cambiare idea.
“Grazie signora. Lo bevo volentieri”.
“Torno subito”.
La donna sgattaiolò nuovamente nella piccola cucina. Fra l’odore di fritto e di sapone.
Il dialogo continuò, accompagnato dal rumore delle stoviglie.
Tintinnii familiari che gli ricordavano l’infanzia a casa della nonna.
“Un the caldo è proprio quello che mi ci vuole. La giornata è umida”.
“Non si preoccupi. Ancora un paio di giorni e l’aria sarà fresca e dolce. La primavera è alle porte”.
L’uomo non diede risposta.
Si guardò intorno, notando come la casa fosse arredata e adornata con elementi in legno di vario genere.
Non c’erano soltanto mobili. Soprammobili, souvenir, cornici, posacenere e altre cianfrusaglie erano sparse un po’ ovunque. Alcune bizzarre. Altre di pregevole fattura.
Stefani amava il legno. Aveva trascorso buona parte della sua prima infanzia nella falegnameria del nonno paterno, carpendone trucchi e segreti.
Ciò che lo affascinava maggiormente era il vecchio armadio in noce.
Anche se scricchiolava in continuazione.
“Signora Margherita, ha dei mobili antichi davvero unici”.
“Molto antichi e davvero unici” ripeté la donna, urlando.
“L’armadio è stupendo. Il legno sembra cantare…” scherzò l’uomo.
“Non si preoccupi. Scricchiola spesso. C’è dentro mio marito. Sta brontolando. Accade molte volte” replicò con tono perentorio Margherita.
“Suo marito nell’armadio? Non vive sola? Pensavo fosse vedova” la interrogò, trattenendo un sorriso.
La donna rimase in silenzio.
Tornò in sala portando un vassoio in legno contenente due tazze di the caldo profumatissimo. Bergamotto e menta.
“Beva pure. Posso offrirle anche dei biscotti all’anice?”
“No grazie. Il the va benissimo” rispose l’uomo in attesa di una spiegazione convincente.
E verosimile.
“Non si preoccupi. Sono quindici anni che mio marito è lì dentro”.
“Com’è possibile? Si spieghi meglio”.
“C’è poco da spiegare”.
“Esce per mangiare?” continuò l’uomo basito.
“Lui non ne ha bisogno. Si nutre solo di tanto amore”.
“Continuo a non capire”.
“Vede signor Giacomazzi, il suo corpo è al cimitero, ma la sua anima è rimasta chiusa nel legno”.
“Sono Stefani, Giacomazzi è il mio collega”
L’uomo si slacciò il primo bottone della camicia e dopo avere guardato l’orologio esclamò: “Signora fra dieci minuti avrò un altro appuntamento. Firmi le carte per cortesia”.
“Beva il the signor Giacomazzi, altrimenti si raffredda”.
L’uomo non replicò. Le spiegò i termini del contratto e le indicò lo spazio destinato alla firma.
Margherita lesse le prime righe con attenzione. Fissò l’assicuratore negli occhi, confusa, senza proferire parola. Poi si alzò lentamente, lasciando il plico sul tavolo e si diresse verso l’armadio.
L’accarezzò. Con devozione. Avvicinò la guancia destra. In religioso silenzio.
Infine dichiarò con voce rauca: “Aspetti un attimo. Prima di firmare devo chiedere consiglio a mio marito.
È lui che si occupa di questi problemi. Venga signor Stefano Giacomazzi. Provi ad ascoltare anche Lei”.
Stefani s’alzò di scatto, pronto ad assecondare la follia della donna.
“Pur ché questa pazza firmi e me ne possa andare al più presto, sono disposto a tutto” pensò spazientito.
Il suo passo però s’arrestò di colpo, nell’istante in cui un botto tremendo proveniente dall’armadio gli trapanò i timpani. E il cuore.
Sul viso di Margherita si dipinse un sorriso satanico seguito dallo scricchiolio incalzante degli altri mobili. Ritmico e subdolo.
Stefani restò immobile. Impietrito. Con l’anima a soqquadro. Inerme.






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