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lunedì 23 dicembre 2019

“Cartoneros, unitevi. Noi lavoratori come tutti”

L’argentino Marcelo al Forum sullo sviluppo di Torino: rovisto fra i rifiuti e non rubo, così sfamo la mia famiglia.

«Era il 1998 e davanti a me avevo due strade: andare a rubare, per mantenere la mia famiglia, o passare le giornate a rovistare nella pattumiera. Per cercare carta e cartone da rivendere. Avevo perso il lavoro, come tantissimi argentini. Ma di dedicarmi alla delinquenza non ne volevo sentir parlare. Io volevo lavorare». Marcelo Loto ha 49 anni e due figli.
TRA STRADA E DISCARICHE
È uno dei due «cartoneros» venuti dalla fine del mondo per consegnare nelle mani dei potenti il documento che chiede il riconoscimento dei diritti degli ultimi. Di tutti quelli come lui, riciclatori di rifiuti spinti dalla povertà in ogni angolo del globo, che oggi rivendicano un trattamento e un salario da lavoratore.
Oggi Marcelo incontrerà (almeno spera) il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, al Terzo Forum Mondiale dello Sviluppo Economico Locale di Torino, l’appuntamento con 1800 delegati da 126 Paesi, che si è aperto martedì e vuole mettere al centro le politiche locali come buona pratica per dettare una nuova agenda globale dello Sviluppo Sostenibile. «Cartoneros di tutto il mondo uniamoci - dice Marcelo -, perché l’attività di raccoglitori di rifiuti, spesso unica forma di riciclo nei Paesi più poveri, venga ammessa con regole e competenze che abbiano il carattere di universalità». Fino al 2007, questo «trabajador» tra strade e discariche era considerato un illegale, perché in Argentina andare per cassonetti era reato. Oggi, la sua associazione, Reciclando Sueños, Riciclando Sogni, insieme a Sikanda, l’associazione dei «pepenadores» messicani, è ideatrice di una Carta dei Diritti dei Raccoglitori di Rifiuti, siglata ieri insieme alla cooperativa Arcobaleno di Torino, che da 20 anni si occupa del recupero della carta per il capoluogo sabaudo, impiegando lavoratori svantaggiati.
Il documento firmato dai riciclatori uniti vuole fissare sei paletti imprescindibili per tenere insieme tutte le forme di associazionismo che ci sono nel mondo, legate alla raccolta dalla spazzatura degli scarti della società dei consumi. «Chiediamo all’Onu il riconoscimento pubblico del valore economico e sociale del nostro lavoro, vogliamo impegnare le amministrazioni locali a stabilire con le coop di raccoglitori rapporti giuridici corretti, ad ammetterci a partecipare alle gare degli appalti pubblici, a riconoscere il nostro ruolo politico e ambientale, ad ascoltarci come portatori di esperienza», continua il «cartonero». Negli scorsi giorni ha visitato l’ex discarica di Torino e l’impianto di trasformazione del biogas e si è cimentato anche in un viaggio per i cassonetti del centro: «I torinesi fanno la differenziata, ma non si impegnano molto», scherza.
LA SPINTA DEL PAPA
Verrebbe da dire, laddove il porta a porta non si sa neppure cosa sia, come in Argentina, a riciclare ci pensa chi rovista nei cassonetti e poi rivende il materiale «per sopravvivere alla povertà e non consegnarsi all’emarginazione sociale». Marcelo e Luis Coria, il suo amico di Florencio Varela, città argentina della provincia di Buenos Aires, rispetto a Guadalupe Quijada Hernandez si sentono dei privilegiati. Questa signora che vive ai piedi di una discarica nello Stato di Oaxaka, Messico meridionale, ha da pochi anni ottenuto condizioni di lavoro migliori: «Prima camminavamo nel fango - racconta -, esposti a chiodi, schegge di vetro e a forte rischio di ammalarci in ogni momento, con la paura di farci schiacciare dal braccio meccanico che gettava montagne di immondizia nella fossa, oggi almeno nel mio villaggio abbiamo i bagni e una tettoia per proteggerci dal sole». Lei è una «pepenadora», una riciclatrice, ma a differenza che in Argentina (dove lo Stato paga un sussidio di 150 euro al mese ai «cartoneros» registrati), dalle sue parti il mestiere di riciclatore non è riconosciuto. Raccontando la vita dei «cartoneros», Marcelo cita il Papa, che li invitò alla Giornata Mondiale della Gioventù: «Francesco viene dalla nostra terra e ci ha chiamati dalle discariche per far sentire la nostra voce. Partendo dagli ultimi, riusciamo a cambiare il mondo».

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