Diciassette mesi a gridare,
a chiamarti per farti tornare,
a gettarmi ai piedi del boia,
tu, figlio mio, orrore mio.
Ogni cosa si è confusa per sempre,
e ora non posso capire
chi sia la belva e chi l’uomo,
e se dovrò attendere a lungo l’esecuzione.
E ci sono solo fiori polverosi
e il suono del turibolo e tracce
che portano chissà dove nel nulla.
E dritto negli occhi mi guarda
e minaccia sventura imminente
un’enorme stella.
A.A. Achmatova, Poema senza eroe e altre poesie, trad it. di Carlo Riccio, Torino, Einaudi, 1966
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