MILENO FABBIANI: "COSÌ DON MILANI MI HA
CAMBIATO LA VITA"
"Avevo 14 anni e mi
stavo perdendo. Per fortuna mio padre, che faceva il boscaiolo nella zona di
Barbiana, passò di lì e vide un prete studiare con dei ragazzi".
23/06/2017 di Elisa
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«Don Milani
mi ha cambiato la vita. Punto. In prima avviamento me
l'ero cavata con un bel carico di esami di riparazione, ma in seconda a scuola
ero un disastro. Facevo forca come si dice in Toscana, affidato a uno zio a
Firenze, lontano dai genitori, marinavo la scuola. A gennaio il preside convocò
mio padre: "Lo mandi a lavorare, non è adatto a studiare qui perde solo
tempo».
Sembra impossibile a guardarlo adesso, con
questi occhi verde scuro che ti guardano morbidi, con le mani che parlano di
una vita di lavoro, con questi modi pacati: del calore di fiamma lontana del
ragazzo scapestrato che è stato, in Mileno
Fabbiani, sembra proprio non ci sia più traccia. «Merito di mio
padre, di don Milani e delle coincidenze della vita. Il babbo faceva il
boscaiolo nella zona di Barbiana e una sera della primavera successiva vide un
prete al tavolo che studiava con dei ragazzi. Parlò di me al Priore che dopo
aver chiesto la mia età - avevo 14 anni - disse: "Va bene, per me si
comincia già domani, si porti il tegamino perché qui non possiamo dare da
mangiare a tutti”. Mio padre mi portò là e io scappai, una volta, due, tre,
quattro. Per quattro volte mio padre per i capelli mi riportò lassù. Per questo
dico che è merito anche suo, perché a scuola io neanche là volevo andare. Io
non ero timido come i contadinelli di Barbiana, mi sentivo furbo perché non mi
vergognavo di imbucarmi allo stadio».
Ma quella scuola non era come le altre e don
Milani non era un maestro come gli altri: «Quella scuola, che aderiva alla
vita, dove
tutto nel quotidiano era occasione di insegnamento alla fine fece scattare in me la curiosità.
E' vero che si stava a scuola tutto il giorno, ma non era un imparare solo sui
libri. Barbiana era un posto in cui ogni giorno arrivavano persone
interessanti: giornalisti, sindacalisti, magistrati, avvocati, deputati e tutti
venivano messi a fare scuola, a rispondere alle nostre domande.
Tutto era occasione di imparare: «Anche la
malattia del Priore finì sui nostri "banchi". A suo fratello che lo curava e al suo medico
chiedeva: ora mettiti qui e spiega bene a questi ragazzi che cosa succede
dentro il mio corpo. Dopo ogni incontro si scriveva quello che s'era sentito.
Quando arrivai lassù io non sapevo scrivere una riga, ma nella correzione
comune m'avvantaggiavo di quello che potevo imparare dagli altri».
Nata come un isolamento, come un luogo di
esilio, don Milani
trasformò Barbiana in un luogo in cui arrivava il mondo e da cui si partiva per
il mondo. «Si usciva, perché non fossimo impacciati nella
vita quotidiana, ci portò all'ufficio postale, in consiglio comunale, persino
in Parlamento. Ed era solo l'inizio. Poi venne l'estero. Ricordo come ora
quando don Milani convinse mio padre: "Allora, Mileno va tra un mesetto
parte?" "Mio padre rispose, se lei, Priore, dice che ce la fa, vuol
dire che puo farcela. Per me va bene". Andai sei mesi in Inghilterra,
avevo 15 anni e mezzo e portai un altro che ne aveva 13 e mezzo».
Tutto molto innovativo per quel tempo e per
molti anni a venire: «La lingua l'avevamo studiata con le registrazioni dalla
radio che don
Milani preparava la sera perché potessimo usarle la mattina. Partire fu una
lezione di vita: in caso di necessità sapevamo di poter contattare la sorella
del Priore che stava a Oxford, che verificava che stessimo bene, ma poi
bisognava cavarsela: la mattina si andava a lavorare in un ristorante, la sera
a scuola di inglese, s'era trovato un doposcuola per ragazzi figli di italiani.
La consegna del Priore, che mandava circolari e pretendeva che scrivessimo
spesso, era di non guardare per terra ma di sfruttare ogni insegna, ogni
occasione di domanda per imparare la lingua». L'alloggio rigorosamente negli
ostelli della gioventù, in modo che si stesse con ragazzi d'altri paesi che si
imparasse: «Sono tornato in autostop, 35 giorni in giro. Dopo, per qualche anno
ho girato l'Europa così. Son tornato che sapevo tre lingue e ho vinto
facilmente il concorso in ferrovia».
Ma non è stata quella la lezione più
importante del Priore, ce n’ era una più importante, il dovere di non studiare
solo per sé stessi: «Scesi
dalla nave in Inghilterra trovammo pieno di italiani con la valigia di cartone,
in difficoltà con i moduli per l'immigrazione: li aiutammo noi, memori delle
cose che ci diceva il Priore a proposito della responsabilità. Del farsi carico
dei problemi insieme. Dopo, in ferrovia ho fatto 25 anni il sindacalista,
usando tanto le ore libere e pochi permessi sindacali. Tuttora penso che il
sindacato non si possa fare al telefono ma tra le persone parlando con loro,
convincendole se necessario, ma senza imporsi, senza dimenticare che si tratta
di servizio non di potere. Anche questa credo sia stata una lezione di don
Milani».
Mileno non ha mai perso l'aiìbitudine a
leggere i giornali presentisismi alla scuola di Barbiana: «Tuttore mi
capita di ritrovare concetti già sentiti da ragazzo lassù». Un debito quello
con don Lorenzo Milani che non finirà mai: «Senza di lui sarei stato una
persona diversa, di sicuro non migliore": se sono un ragazzo recuperato lo
devo a lui».
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