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giovedì 4 giugno 2020

Racconto. Il suono del vento nel bosco.


Ascolto il suono del vento nel bosco, una melodia appena sussurrata; larici, abeti, faggi, vecchi e saggi maghi che parlano con me fin da bambino.
È strano: guardavo mio padre, forte e deciso, camminare sul sentiero ombroso. Sordo alle loro parole. Io rimanevo incantato e commosso.
"Carlo vieni ", la voce di mio padre impaziente, i miei fratelli che ridevano per la mia testa fra le nuvole. Ero rimasto di nuovo indietro, il mio cesto vuoto, perfino le mie sorelle avevano raccolto qualche fungo e se ne vantavano.
Anni dilavati dalla pioggia; percorro vecchi sentieri, non mi serve pensare dove sto andando, hanno tracciato un solco nella memoria, potrei farli ad occhi chiusi.
Mi fermo appoggiandomi a una roccia e assaporo il caldo del sole sul viso. I vecchi saggi continuano a parlarmi; vorrei tacessero, perché insistono a scavarmi nell'anima facendo uscire i ricordi.
Il suono di una cascata poco lontano mi riporta alla memoria il tuo sorriso, (il sorriso di un bambino), innocente e spontaneo. Una giornata come tante, passata al mare con gli amici, stanco di lazzi e scherzi mi allontano quieto per guardare un tramonto di fuoco sul mare.
Ne ho visti tanti dalla cima del monte; tutti nuovi ogni volta e straordinari.
Ma questo, che si rifrange in mille luci sulle onde, è diverso. Capto qualcosa nell'aria, come quando l'odore di ozono preannuncia la folgore imminente.
Una risata cristallina mi fa l'effetto di una scossa elettrica; mi volto e rimango impietrito, incontro i tuoi occhi, un azzurro infinito dentro il quale si riflettono le stelle.
Mi guardi e sorridi; le tue labbra si muovono. ma mi sembra d'essere sott'acqua.
Non sento niente, non respiro, resto lì non so per quanto, un attimo e l'eternità che si uniscono.
Il tuo volto si fa serio, ti avvicini e raccogli una palla che era finita ai miei piedi; quando ti rialzi mi pianti di nuovo gli occhi negli occhi, la tua mano tocca la mia guancia( la carezza di una donna).
"Ti senti bene?" mi chiedi.
Boccheggio come un pesce arenato e balbetto, ma le parole non escono. Torni a sorridere.
Qualcuno ti chiama: " Lara, allora con quella palla, vieni, dobbiamo finire la partita prima che faccia buio"
" Arrivo, arrivo, un attimo!" rispondi. Poi mi chiedi:
" Sei in vacanza? Non ti ho mai visto"
" Si" rispondo, " Sono qui da qualche giorno con i miei amici" e intanto mi giro per indicarli, sollevato dal fatto che mi è tornata la parola.
Ma dura poco. Appena li guardo mi accorgo che hanno già cominciato a sfottere... poi facciamo i conti...
" Mi puoi consigliare qualcosa da fare per stasera?" , ti chiedo, e non so come ho trovato il coraggio.
" Senti" comincia titubante lei, e si gira a dare un'occhiata dietro di se dove le amiche si sono riunite sotto la rete da pallavolo e ci guardano confabulando e ridendo, " Stasera vado in pineta, c'è un chiosco che noleggia biciclette, se vi va di fare una pedalata, potete venire".
Sorride imbarazzata, poi scappa e mi lascia a guardare una figuretta agile e sottile che si allontana e torna a giocare.
Il tempo vola. Ovviamente la sera mi precipito all'appuntamento, insieme ai miei amici che sotto minaccia promettono di non interferire.
Ci guadagnano anche loro, ha detto che sarà con le sue amiche! Nella confusione mi sono dimenticato di chiederle a che ora ci vediamo e così, per paura di far tardi, son li alle otto... non si sa mai.
Il branco che mi porto appresso mugugna, nell'attesa, e si permette le solite battute da spogliatoio maschile, ma tutti giurano che faranno i bravi non appena arriveranno le ragazze.
Il tempo passa e io ho un nodo allo stomaco che mi toglie l'appetito, mentre loro alla chetichella approfittano di un vicino chiosco per buttar giù qualcosa.
Le nove: ancora niente.
Comincio a sudar freddo, anche perché non le ho chiesto nemmeno il numero di cellulare.
Ho solo un nome, "Lara", da oggi il più bel nome del mondo.
Poi di nuovo quella sensazione strana, un formicolio alla nuca, mi volto e la vedo, mi sento come un albero colpito dal fulmine, rimango li incenerito dal suo sguardo, completamente disarmato di fronte ai suoi occhi. Lei si avvicina sorridente con passo elastico su scarpe di tela, indossa un prendisole bianco che mette in risalto l'abbronzatura su gambe e spalle, che lascia scoperte.
Un mare di grano maturo i suoi capelli che le scendono ondulati a incorniciarle il viso e giù, fino alla vita sottile. Poi non ricordo più niente, solo le corse in bicicletta su sentieri sabbiosi in mezzo ai tronchi neri dei pini e l'odore di resina marina.
La notte ci sorprende soli in un angolo della pineta; stiamo giocando a nascondino con gli altri ma ho fatto in modo di non perderla di vista.
Improvvisamente scende dalla bici, che getta a terra frettolosamente, e si nasconde dietro a un grosso cespuglio di more facendomi segno di fare lo stesso.
Mi avvicino, troppo vicino... passano veloci due amici dall'altra parte, lei si ritrae soffocando una risata e mi viene addosso; per non perdere l'equilibrio faccio un passo indietro ma inciampo, mi aggrappo a lei e cadiamo insieme.
Una botta paurosa alla schiena e il suo gomito che quasi mi spezza una costola, ma quando apro gli occhi il dolore scompare all'istante, i suoi occhi nei miei, i nostri respiri così vicini da fondersi.
E poi accade, un bacio, casto fuoco nelle vene, non so chi ha cominciato, pochi attimi, poi si alza e scappa lasciandomi a terra.
Ci resto un bel pezzo, credo, perché gli amici cominciano a chiamarmi preoccupati. Quando mi trovano capiscono che è successo qualcosa e non mi chiedono niente.
Non l'ho più rivista. Una sirena venuta dal mare, avevo diciotto anni, la mia prima vacanza da solo con gli amici. Viene l'autunno, volo radente sui larici col parapendio, sfido la sorte per caricarmi di adrenalina sperando per un attimo di non pensare a lei.
Passa l'inverno, e marzo rende il manto nevoso più pericoloso; quello che voglio, quello che serve per buttarmi a capofitto con gli sci in una curva veloce, gli alberi sono lì a un soffio.
A scuola un disastro, riesco a passare la maturità non so come, forse i prof. hanno capito e visto che fino all'anno scorso studiavo, non han voluto farmi perdere un anno.
Esplode l'estate, torno al mare con gli amici, la cerco... È passato tanto tempo, la vita ha fatto il suo corso, ho conosciuto altre ragazze, il tempo scorre, mi sono sposato, ho cresciuto i miei figli e questo mi ha dato pace e un motivo per essere grato alla vita...
Il vecchio appoggiato alla roccia alzò la mano, ad accarezzare il volto della donna amata, ma la visione era già scomparsa, restava solo il suono beffardo del vento nel bosco. Una lacrima si fece strada tra le rughe del suo viso, il braccio ricadde sul fianco, afferrò il bastone rimanendo incerto solo per un attimo, poi si staccò dal costone roccioso e prese a scendere la montagna.











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